Stop al referendum contro la vendita della Fara

Sabato scorso il Consiglio Comunale ha definitivamnete fermato la richiesta di referendum abrogativo dell’atto di indirizzo con il quale si dava avvio alla procedura di alienazione della Colonia Fara.
I cittadini non potranno quindi esprimersi circa la vendita di questo storico immobile, patrimonio della città.

Perchè?
Semplice. Il Consiglio Comunale ha cambiato lo statuto comunale eliminando la possibilità di rereferendum abrogativi. Questo è successo il 23 ottobre, cinque giorni dopo che la richiesta di referendum era stata depositata.
Non solo. Il regolamento per i referendum prevede che dal momento della richiesta (il 18 ottobre) debbano passare non più di 60 giorni prima che il Consiglio si raduni per giudicarlo ammissibile e dare quindi il via alla raccolta delle firme. Siccome lo Statuto nuovo entrava in vigore il 6 dicembre (49 giorni dopo la richiesta), c’era tutto il tempo perchè il Consiglio fosse convocato sulla base del vecchio statuto. Ma ciò non è successo.

Che dire?

Evidentemente l’amministrazione teme di perdere il referendum. Non c’è altra spiegazione.

Perchè sottrarsi all’opinione dei cittadini?
Facciamo due calcoli e forse avremo la risposta.
Agostino è stato eletto con il 52% dei voti, ma ha votato il 69% degli aventi diritto. Quindi il suo consenso è di circa un terzo degli elettori chiavaresi.
Considerando che non tutti andrebbero probabilmente a votare per un referendum e che certamente anche tra i suoi elettori molti non vogliono perdere la proprietà pubblica della Colonia Fara, questa percentuale è destinata a scendere sensibilmente.
Dall’altra parte tutti i gruppi consiliari si sono espressi contro la vendita in maniera molto convinta (basti pensare che tra i firmatari della richiesta di referendum ci sono anche esponenti dei partiti di centrodestra e centrosinistra), per cui sarebbe facile pensare che contro la vendita si organizzi un forte consenso.
A questo punto il rischio di una sconfitta per Agostino è più che probabile.

Non è quindi solo il rifiuto delle pratiche di partecipazione quello che anima questa amministrazione; c’è anche il calcolo e l’opportunismo di girare a proprio favore le norme che tutelano dal dissenso dei propri elettori.