Chicago “chiusa” per un giorno per evitare la bancarotta; e i nostri comuni?

Il 17 agosto su “Il Sole 24 ORE” è uscito un articolo che descriveva come, a causa della recessione, le grandi metropoli americane siano costrette a correre ai ripari e tirare la cinghia. A Chicago per un giorno tutti i servizi pubblici della città, dalla raccolta dei rifiuti alle biblioteche, sono stati sospesi per risparmiare sui costi degli stipendi pubblici e per cercare di limitare la bancarotta in cui versa la “windy city”. Non solo, il comune ha chiesto a tutti i lavoratori non sindacalizzati di prendere qualche giorno di ferie non pagate per contribuire a risanare il bilancio. Ancora una volta “il conto”, ossia la montagna di dollari che il governo americano ha sborsato per impedire che le banche fallissero, lo pagano i più deboli, ossia i fruitori di quei servizi che i comuni non hanno più denaro per assicurare.
E’ così lontana l’America?
In Italia la tendenza è delegare sempre più servizi agli enti locali e tagliare i trasferimenti dallo stato alla periferia. Si parla di ‘federalismo fiscale’, ma, al momento, è solo stata tagliata l’ICI che, di fatto, costituisce la più grossa fonte di entrata dei Comuni (a parte gli oneri di urbanizzazione, che però possono essere utilizzate esclusivamente per investimenti). In questi anni il governo ha coperto per l’80% il mancato introito dell’ICI prima casa, ma ha già programmato che questi trasferimenti compensativi avranno termine entro due – tre anni.
Nel frattempo la povertà avanza: secondo un rapporto Istat del 2008, le famiglie italiane in situazione di povertà (ossia con una capacità di spesa inferiore al 50% dei consumi medi, pari a 986 euro al mese per un nucleo di due persone), sono l’11,1 % delle famiglie residenti, per un totale di 7 milioni e mezzo di persone.
Abbiamo poi due milioni e mezzo di persone che zigzagano lungo il confine della povertà, e se lo sommiamo a quelle che ormai lo hanno superato in maniera definitiva otteniamo più di 5 milioni di nuclei familiari. Un totale di 15 milioni di individui, il 23% degli italiani, che vivono nell’incubo della povertà.
Andando più a fondo nella lettura dei dati ci si accorge che i fattori cui è associabile la povertà sono essenzialmente tre: il primo riguarda il lavoro e il reddito, il secondo la casa e il terzo il livello dei servizi alla persona. Asili nido, servizi per anziani, case popolari, ospedali, scuole ma non solo. Molti erogati proprio dai comuni… Dai dati emerge che la povertà colpisce le famiglie che più abbisognano di servizi: oltre un quinto delle famiglie con cinque o più componenti si trova in condizione di povertà relativa, il rischio cresce ancora se tra i componenti ci sono figli minori. In conclusione in Italia il 25% dei minori è a rischio povertà.
E se anche qui da noi i comuni saranno costretti a “chiudere” per mancanza di fondi?