Il fallimento pilotato dei Comuni italiani

Pubblichiamo ampi stralci di un articolo pubblicato dalla rivista AltrEconomia, nel numero di dicembre, che ben illustra la drammatica situazione in cui versano i Comuni italiani, tra i quali anche i nostri Comuni tigullini

[…] I Comuni italiani soffrono: non hanno soldi, o non possono spenderne. Cadono sotto i colpi di una politica nazionale demagogica che elimina i tributi locali ma non ne compensa la perdita, di un progressivo accentramento delle decisioni (mascherato di falso federalismo) e di regole europee miopi e controproducenti.
Ma se i Comuni falliscono, il problema è di tutti. Nei servizi, innanzi tutto. Niente soldi, niente asili nido, servizi alla persona, agli anziani, trasporti pubblici, raccolta dei rifiuti, sostegno alle famiglie, vigili urbani. Basta farsi un giro nella propria città, e fare due conti a casa, per rendersi conto di quanto i Comuni si siano impoveriti negli ultimi anni. I problemi sono anche per i conti dello Stato: secondo l’Istat, il comparto degli enti locali ha contribuito al miglioramento dei conti pubblici correggendo il proprio saldo, che tra il 2004 e il 2008 è migliorato di 2,5 miliardi di euro. Non solo: il 60% della spesa per investimenti del Paese è sostenuta dai Comuni. Eppure il grido di dolore dei sindaci è più forte che mai. E nessuno sembra ascoltarlo.

Le “spettanze”.
Per sapere quanto lo Stato versa alle amministrazioni comunali basta fare un salto sul sito del ministero dell’Interno. Qui, alla voce “finanza locale”, si può consultare il database delle “spettanze” dei Comuni italiani. Si tratta di quanti soldi lo Stato deve a ciascuno comune. Andate su www.finanzalocale.interno.it e cercate il vostro Comune. I dati arrivano fino al 2009, e si possono controllare le cifre negli anni precedenti. Provate a farlo, confrontando le cifre 2009 col 2008, e troverete una sfilza di segni meno. Milano, meno 40 milioni. Torino, meno 30 milioni. Roma, meno 90 milioni (Chiavari, meno 260.000; Cogorno, meno 40.000 ndr). Continua a leggere

Tributi Italia: a che punto siamo?

Sono passati oltre due mesi dall’articolo Tributi Italia spa: “Riscuoti i soldi e scappa?“: vediamo ciò che è successo nel frattempo.

Proviamo a farlo da quattro punti di vista: quello dei lavoratori, della commissione del ministero delle finanze incaricata della vigilanza sull’albo dei riscossori, delle amministrazioni locali, dei contribuenti.
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La storia infinita dell’Auditorium di piazzetta san Francesco

Riceviamo e pubblichiamo la lettera che la Società Filarmonica di Chiavari ci ha inviato.

“Quella che voglio raccontare è la singolare storia della  Società Filarmonica di Chiavari – Tigullio Musica, che ha avuto in questi giorni un importante riconoscimento.
La storia incomincia nel lontano 1973, quando l’allora Amministrazione Gatti, a seguito della demolizione del Teatro Verdi, sede anche della Banda “Città  di Chiavari”, ha provveduto a dare una sede provvisoria alla banda nel teatro “CARITAS”.
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Il pieno sul tetto !?!

.tetto fotovoltaico

Ho lo scooter elettrico da 1 anno, l’ho usato quasi tutti i giorni, anche sotto alla pioggia, e posso assicurarne l’affidabilità; poi, oltre alla nota elasticità del motore elettrico, per sua natura ha i pesi distribuiti in basso, per cui è ben guidabile.
L’aspetto più interessante riguarda i costi, perché a fronte di un prezzo d’acquisto allineato a quello degli altri scooter, si ottengono: eliminazione del bollo per 5 anni, assicurazione dimezzata e consumi (elettrici) irrisori.
Ma ci sono 3 lati negativi, sui quali potremmo lavorare tutti quanti:
1- l’autonomia è di “soli” 50-100 Km (varia molto, a seconda del tipo di guida e di strade), sufficiente per la maggior parte degli spostamenti ma, affinchè si possa affermare questo tipo di mezzo, trovo essenziale fare una “rete” capillare di “colonnine di ricarica” presso tutti i comuni.
2- manca una rete di vendita e assistenza
3- poche persone sanno che l'”elettrico” non consiste solamente in biciclette con pedalata assistita e motorini “cinesi”, ma esistono dei mezzi potenti, affidabili, ecologici e, soprattutto, parchi nei consumi.
Il classico “cane che si morde la coda”: la gente non compra se non ci sono colonnine e concessionari, i concessionari non ci sono perchè poca gente compra, i comuni non mettono colonnine perché ci sono pochi mezzi elettrici.
Ma veniamo all’opportunità per i comuni: perchè non mettere una “colonnina fotovoltaica”? Ovvero: installare nei punti “chiave” della città alcuni gazebo che abbiano come tetto dei pannelli fotovoltaici connessi in rete con il cosiddetto “scambio sul posto” e, sotto, alcune colonnine di ricarica. In tal modo il comune può autofinanziarsi con la cessione in rete della corrente elettrica e scegliere se mettere a disposizione le colonnine gratuitamente o a pagamento. In entrambi i casi è possibile scegliere se, ed a chi dare la corrente, essendo oramai tutti i mezzi elettrici cablati in maniera tale da essere unici e riconoscibili.
Concludo segnalando che io ho già montato sul tetto di casa i pannelli fotovoltaici.
Questi richiedono una manutenzione pressoché nulla (qualche lavaggio ogni tanto), sono estremanente ecologici, si autofinanziano attraverso lo scambio sul posto con Enel, aumentano il valore della casa ed hanno una durata lunghissima (sono garantiti 20-25 anni).

Corrado Sangunetimoto elettrica

QUEL GRAN BISOGNO DI SECONDE CASE…

Porto ogni giorno a scuola i miei quattro bambini di 3, 6, 8 e 9 anni (e fin qui non c’è niente di strano). In famiglia abbiamo solo un’automobile, che usa mia moglie per recarsi al lavoro, per cui i bambini li porto a scuola a piedi o in bicicletta! (questo invece un po’ strano lo è). Circa un km di strada. La gente che mi vede alcune volte è divertita, spesso stupita, quasi sempre preoccupata: “ma ci pensa quel papà ai rischi che fa correre ai suoi bimbi facendoli avventurare in quel traffico?” mi sembra che dica… Davvero un gran traffico, tanta gente che va a lavorare e tantissimi genitori che portano i loro bimbi  in auto a scuola (loro sì che sono saggi e prudenti)! Continua a leggere

Fermiamo la discarica

Il Comune di Chiavari, con una Delibera di Giunta di ottobre, ha approvato lo studio di fattibilità per la creazione di un’enorme discarica di detriti posta a riempimento della parte iniziale della valletta di Rio Campodonico.
Il progetto prevede di riempire negli anni la valle a partire da dove sgorga il torrente Campodonico fino alla confluenza con Rio Sanguineto arrivando, con l’accumulo di detriti sopra detriti, fino all’altezza dei viadotti dell’autostrada: si tratta di una specie di enorme lingua di scarichi derivanti da lavori edili, una specie di enorme frana artificiale lunga quasi un chilometro e alta mediamente una ventina di metri.
Il tutto produrrà un accumulo di materiale che va ben oltre un milione di metri cubi, da formare negli anni, a forza di via vai di camion e mezzi vari provenienti dai cantieri sparsi in un’area indefinibile. Già queste cifre ci fanno pensare ad un’opera “mostruosa”.
Ma non è tutto.
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La città che vogliamo.

Per chi non è potuto venire all’incontro sulle politiche familiari al pomeriggio di sabato 21, nel corso del convegno “Amministrare bene” c’è la possibilità di vedere la registrazione video che abbiamo fatto e che ora pubblichiamo.

A parlare sono Giovanni Peretti, assessore alla Famiglia e vice Sindaco,  e Maurizio Bernardi, Sindaco di Castelnuovo del Garda. I loro interventi sono stati veramente interessanti. Ci hanno dato modo  di far capire ai partecipanti quale sia il modello di città che Partecipattiva vuole realizzare nei nostri comuni del Tigullio. A Castelnuovo del Garda  ci sono riusciti.